Dilbert

Dilbert, l'assurdo mondo del lavoro moderno nelle strisce di Scott Adams

[fumetto]

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In sintesi

Dilbert è una striscia umoristica creata nel 1989 da Scott Adams, autore che a fronte di un modesto talento grafico, non sempre indispensabile nella realizzazione di comic strip, sa sfoderare un'ironia ed un cinismo non indifferenti, capaci di evidenziare ed irridere i meccanismi perversi del moderno mondo del lavoro.

I protagonisti, colletti bianchi, ingegneri e laureati, teoricamente capaci di realizzare grandi cose, si trovano costretti a girare a vuoto da un sistema che riesce solo a sfruttarli al peggio delle loro possibilità.

Dilbert rappresenta per il fumetto impiegatizio degli anni Novanta quello che Bristow ha rappresentato per lo stesso negli anni Sessanta. Il lavoro degli anni Novanta è più alienante di quello degli anni Sessanta, i dipendenti della grande azienda nella quale Dilbert è impiegato sono costretti a lavorare in minuscoli cubicoli, hanno come strumento principale il computer e come amico fidato una bella tazza di caffé. Le dinamiche sono diverse e i tanti protagonisti della striscia saranno spesso alle prese con meeting ed incontri per discutere di progetti, iniziative e collaborazioni dalle quali non potranno che saltare fuori proposte assurde e prive di qualsiasi applicazione pratica. 

La strisca di Adams è estremamente intelligente ed è chiaro come gli spunti per le situazioni comiche alla base del fumetto siano spesso tratti da episodi della reale vita lavorativa, in primis dello stesso Adams che ha alle spalle un passato da dipendente in un'azienda telefonica.


Dilbert è una striscia umoristica creata nel 1989 (la prima striscia è datata 16 aprile 1989) da Scott Adams e pubblicata giornalmente, come puntalmente avviene sul mercato americano, su centinaia di giornali. Una striscia che difficilmente lascia indifferenti, o la si ama o la si odia. Sarà per via del tratto sgraziato e apparentemente poco incisivo che ispira subito un po' di diffidenza. Sarà perché la logica alla base di Dilbert è comprensibile davvero soltanto a chi ha avuto a che fare con le follie quotidiane di un ufficio moderno. Sarà perché spesso le situazioni comiche della striscia sono così realistiche che viene da chiedersi se siamo davvero di fronte ad una striscia umoristica.

Se Bristow, il fumetto impiegatizio per antonomasia degli anni Sessanta, aveva per protagonista il prototipo del dipendente svogliato e fannullone, facilmente riconoscibile ed identificabile da tutti, l'impiegato di Scott Adams non può passare indenne dal rampantismo degli anni Ottanta/Novanta ed il suo protagonista, l'ingegnere Dilbert (aspetto da nerd cresciuto, occhialini che nascondono gli occhi, capelli a ciuffetti e cravatta all'insù), deve confrontarsi con un mondo del lavoro totalmente differente da quello di trent'anni prima. La macchina da scrivere è stata sostituita da potenti computer capaci di risolvere problemi complessi in pochissimo tempo. Lo spazio lavorativo ha visto il trionfo dei minuscoli cubicoli, capaci di isolare ogni lavoratore dai suoi colleghi e di favorire alienazione ed isolazionismo. Ma sono soprattutto le dinamiche interne all'ufficio ad essere cambiate, il fiorire di consulenze, spin-off, esternalizzazioni, globalizzazione, internet, budgeting e tanti altri termini incomprensibili sembrano dominare un sistema dove la produzione non riguarda più niente di concreto.  

Ma il problema reale resta sempre il fattore umano. Il rapporto con capi inetti e boriosi, incapaci di qualsivoglia scelta sensata, che sia di organizzazione aziendale o di marketing. Le rivalità coi colleghi, sacrificabili sull'altare di premi di produttività o di posizioni di prestigio. I rapporti inevitabilmente difficili con colleghe carine ma inavvicinabili.
I protagonisti sembrano tutti usciti da un film di Woody Allen e sono un ricettacolo di problemi ed idiosincrasie frutto sicuramente di un ambiente di lavoro stressante e per niente gratificante.

La risata di Dilbert è pertanto una risata catartica, la risata di chi, con la carta dell'ironia, svela i meccanismi perversi della società moderna e porta in scena, esasperando, ma soltanto di poco, la realtà di ogni giorno.
Non è un caso che l'autore, prima di diventare cartoonist, era impiegato presso una società di telefonia americana e quel suo precedente lavoro deve aver fornito un ottimo substrato per la sua strip ormai famosa in tutto il mondo. 

Alla fine ad assurgere a protagoniste del fumetto sono le nevrosi e l'alienazione dei protagonisti e le dinamiche lavorative della società, i rapporti malati con società di consulenza, i meeting e le riunioni incentrate sul nulla, un lavoro che diventa sempre più fatto di grafici e relazioni e sempre meno rivolto a qualcosa di concreto (e d'altronde non si capisce mai davvero a cosa Dilbert o i suoi colleghi stiano lavorando).  

Ovviamente, come in tutte le comic strip che si rispettino, i personaggi sono tanti e destinati col tempo ad aumentare di numero e qualità. Tra i principali co-protagonisti della striscia vanno segnalati:
- Dogbert, il cane di Dilbert, con velleità di dominio del mondo e capacità e cinismo non indifferenti che lo portano ad occupare un posto di lavoro più elevato di quello del suo padrone;
- Wally, amico ingegnere e collega di Dilbert, ancora più cinico, disincantato ed arrivista del protagonista;
- Alice, graziosa e iraconda collega di Dilbert, non meno agguerrita dei dipendenti maschi;
- Asok, ingenuo stagista dalle origini indiane incapace di comprendere appieno il funzionamento (o meglio il non-funzionamento) dell'importante azienda per il quale lavora; 
- il Capo, fulgido esempio di inettitudine al comando, uomo sbagliato al posto sbagliato capace di operare soltanto scelte sbagliate.

Merita una citazione il lontano paese di Elbonia, la nazione più sottosviluppata del mondo, con la quale sporadicamente Dilbert entra in contatto per necessità lavorative e presso la quale talvolta la ditta disloca le sue attività, dato il costo quasi nullo della forza lavoro.

In Italia la striscia di Dilbert ha fatto la sua apparizione nel 1992 sulla rivista Comix ed in seguito ha trovato ospitalità su numerose altre riviste (ad esempio linus) ed in volumi ad essa dedicati.

(24/01/2015)

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Dilbert